Sovraindebitamento: la mancanza dell'avviso non comporta la nullità del precetto
Il debitore, nel caso, si oppone al precetto in quanto privo dell’avviso previsto all’art. 480, comma II, del codice di rito civile, sulla possibilità, per il debitore precettato, di ricorrere alla procedura di sovraindebitamento.
Il giudice, nel rigettare l’opposizione, rileva che l’avvertimento in questione, benché omesso, non pregiudica alcunché nei confronti del debitore. Costituisce infatti una mera informativa, pertanto il precettato resta legittimato a presentare il piano in ogni tempo, senza incorrere in preclusioni. Questo il pronunciamento reso dalla III Sezione civile del Tribunale di Milano, nella Sentenza n. 4347 del 30 marzo 2016.
Il d.l. 27 giugno 2015, n. 83, convertito in Legge 6 agosto 2015, n. 132, modificava il comma II dell’art. 480 c.p.c., imponendo al creditore di inserire, nell’atto di precetto, l’avvertimento circa la possibilità, per il debitore, di porre rimedio alla situazione debitoria attraverso un accordo di composizione della crisi ovvero un piano del consumatore, anche con l’ausilio del giudice o di un professionista.
Il giudice meneghino rileva che siffatto avvertimento attiene all’accesso alle cd. procedure di sovraindebitamento, per l’introduzione delle quali l’ordinamento non impone né termini, né peculiari forme.
Osserva, lo stesso, che il primo comma del medesimo articolo, statuisce, in modo espresso, la sanzione della nullità per le ipotesi di mancata indicazione di taluni elementi, quali le parti, la data di notificazione del titolo, nonché la trascrizione del titolo, qualora prevista dalla legge.
Al secondo periodo, viceversa, il legislatore non ha imposto alcuna sanzione, per cui, nell’alternativa tra la nullità, peraltro inespressa, e la mera irregolarità, il Tribunale propende per la seconda. Più in dettaglio, viene esaminato l’art. 156 del c.p.c., che al I comma esclude la possibilità di sanzionare un atto processuale attraverso la nullità, qualora questa non sia stata espressamente prevista.
Lo stesso art. 156 c.p.c., al comma III, statuisce che la nullità di un atto non può essere pronunciata qualora il medesimo raggiunga lo scopo cui è destinato.
Infine, viene rilevato che l’orientamento, sul punto, espresso dalla giurisprudenza di legittimità, è concorde nel ritenere che il debitore, in sede esecutiva, non vanta interesse alcuno alla mera regolarità formale del procedimento esecutivo e pertanto, nei casi ove si accinga a denunciare il vizio, al contempo soggiace all’onere di allegare quale concreto pregiudizio abbia subito dallo stesso.